Facebook compie venti anni. Auguri!
Ma è ancora il caso di festeggiare? Cerchiamo di capirlo insieme miei amati Lettori.
Parto col dirvi che io sono una fan di Fb. È l’unico social a cui sono iscritta e che apro quasi quotidianamente.
Ne faccio largo uso mentre sono in bagno… e non perché faccia cagare! (E non fingete di scandalizzarvi per la mia confessione, tanto so bene che lo fate anche voi… solo che io ho il coraggio di ammetterlo!)
Facebook per primo mi ha dato l’opportunità di ritrovare amici perduti nel tempo e nello spazio, ma anche di fare nuove conoscenze; mi ha regalato sorrisi, lacrime di gioia o di dolore, spunti di riflessione.
Faccialibro, ancora, mi ha offerto uno spazio in cui fare ciò che più amo e so far meglio: scrivere. Scrivere di me, dei miei pensieri, buttar lì qualche battuta sciocca o ironica, qualche frecciatina. Mi ha anche permesso di sfogare la mia tristezza in una sorta di terapia di gruppo a botta di commenti.
Lì, tra i tanti amici che mi leggevano, ce n’è stato qualcuno che mi ha suggerito di aprire un blog… ed eccoci qua!
La mia esperienza è un po’ quella di tutti gli utenti di Fb che, da quel 4 febbraio di vent’anni fa, hanno iniziato a navigare in rete su questa enorme nave che, oggi, conta circa 3 miliardi di passeggeri.
Come ogni altra nave, anche quella di Facebook, può avere qualche falla, qualche cedimento strutturale e naufragare rovinosamente. Titanic docet!
Certo, il naufragio di un social non miete vittime… o forse sì?
Nell’immaginario del suo inventore, Facebook doveva essere lo spazio virtuale capace di mettere in contatto tra loro amici e parenti che, per i motivi più disparati, si fossero persi di vista. Idea nobile, senza alcuna ombra di dubbio! E per qualche tempo le cose sono filate lisce.
Pian piano, però, il meccanismo è cambiato: sono arrivati i gruppi e le pagine che hanno agevolato i contatti tra perfetti sconosciuti. La piattaforma si è dunque aperta, in un’ottica globalizzata, in linea coi tempi.
È proprio qui che sono iniziati i guai!
In nome della libertà di pensiero ed espressione, ognuno si è sentito in diritto di dire ciò che gli passava per la testa. Si sono moltiplicate le pagine omofobe, razziste, pornografiche e pedopornografiche; fenomeni come il bullismo ed il body shaming si sono palesati nel mondo virtuale; sono nati i leoni da tastiera, i troll e gli hater, individui che, nella vita reale sono dei “senzapalle” mentre, nascosti dietro una tastiera, danno sfogo alle loro frustrazioni vomitando fiele (per non dir peggio) sul prossimo e fregandosene delle conseguenze, anche drammatiche, della loro cattiveria.
E così, un bel giorno, quella simpatica bacheca virtuale, nata dall’idea di un giovane nerd iscritto ad Harvard, viene messa alla gogna manco fosse sua (di Facebook) la colpa del degrado della nostra società.
Fb, in realtà, ha solamente avuto il triste compito di far emergere la pochezza umana in tutto il suo orrore e la sua violenza. Il velo è stato sollevato e, così, possiamo guardarci in faccia per ciò che siamo davvero.
Sta a noi, adesso, capire la strada da intraprendere per risalire la china di tanto degrado, senza cadere nell’oscurantismo o ricorrere alla censura.
Non si deve impedire la libertà di pensiero, ma si deve dare all’uomo la cultura che gli permetta di pensare con rispetto e coscienza.
Nel frattempo: grazie Facebook e… 100 di questi giorni!
N.d.a.: questo pezzo volutamente non tocca la persona di Zuckerberg, la sua società, la sua ricchezza, le dispute e le questioni giudiziarie.
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