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Essere o apparire: l’abito fa il monaco oppure no?

Quante volte ci siamo chiesti se sia più importante essere o apparire? E quante volte ci siamo posti anche l’altro dilemma fondamentale: “l’abito fa il monaco oppure no”?L'abito fa il monaco oppure no

La risposta non è sempre facile ed ovvia. Certo, una persona saggia risponderebbe che è sempre meglio essere che apparire e che, di conseguenza, l’abito non fa il monaco. Ma quanto è vera questa risposta nella nostra epoca e nella nostra società?

Rifelttiamo.

Viviamo in un’era in cui, che tu sia uomo o donna,  devi essere magro, tonico, scattante, “performante” (manco fossi una Maserati!), devi vestire alla moda, devi andare dall’estetista, devi farti le lampade, devi avere il telefonino di ultimissima generazione che ti faccia anche le pulizie di casa, devi avere la carta di credito, devi guidare una macchina sempre nuova e fiammante (sennò sei uno sfigato), devi andare in palestra, devi andare a scuola di ballo, devi frequentare discoteche e lounge-bar, devi frequentare la movida della tua città e, se abiti in provincia, devi fare chilometri e chilometri per raggiungere la città più vicina dove ci sia movida, devi farti i selfie con le labbra a cuoricino facendo attenzione a che non si vedano occhiaie, doppiomento, pancetta, e rughe (altrimenti c’è sempre Photoshop che corre in tuo aiuto), devi andare a mangiare etnico (meglio se giapponese e non in un ristorante “all you can eat” perché anche questo è da sfigati!), devi vestire griffato dalla testa ai piedi (mutande incluse), devi viaggiare, devi avere Facebook, Twitter, Instagram, devi postare sui social tutto ciò che fai (non proprio tutto però: la tua “seduta quotidiana” no!!!)… insomma, devi essere “cool”. Ma… scusate tanto, questo significa davvero essere qualcuno?

Per me tutto questo non significa essere, ma apparire. E se essere significa solamente apparire, sono arcicontenta di NON ESSERE!!!

Io voglio continuare a pensare e credere, fino allo stremo delle mie forze e fino alla fine del mio percorso terreno, che essere voglia dire avere dei contenuti, avere uno spessore umano, una cultura, un’intelligenza che permetta di guardare il mondo con occhio critico, superando le apparenze per arrivare alla sostanza delle cose e delle persone.

Attenzione! Con questo non voglio dire che non sia un bene prendersi cura della salute proprio corpo o della propria immagine esteriore, ma che quella dev’essere solamente la ciliegina sulla torta di un lavoro che inizia dal profondo, dall’anima.

Insomma nell’annosa diatriba “essere o apparire”, non dev’esserci un vincitore o un vinto, ma dev’esserci il raggiungimento di un punto di equilibrio tra i due opposti. Bisogna, dunque, arrivare a capire che si può essere senza apparire, ma non si può e NON SI DEVE apparire senza essere. E bisogna sapersi guardare dentro e intorno in modo da riuscire a giudicare se stessi e gli altri per come sono dentro e non per come appaiono.

Non c’è nulla di più sbagliato che giudicare qualcuno per come appare. Un motto popolare recita: “l’apparenza inganna” e, si sa, la saggezza popolare non sbaglia mai. L’apparenza, spesso, è una maschera, uno scudo che le persone portano per non mostrare la loro vera essenza. Quante volte ci siam fatti o ci facciamo un’opinione errata su qualcuno che siede vicino a noi nella sala d’attesa del dottore, al cinema, o che ci passa accanto per strada? Lo facciamo sempre perché siamo vittime della nostra società e del nostro tempo. Ma siamo anche vittime di tanti preconcetti e i preconcetti non sono mai un bene.

Proprio l’altro giorno rileggevo un “pezzo” che ho scritto e pubblicato sul mio profilo Facebook qualche tempo fa. Era una mia riflessione sui preconcetti che ci facciamo nei confronti delle persone che vestono in un certo modo ed hanno un’immagine non rassicurante. Già in quell’occasione mi chiedevo: l’abito fa il monaco o no?Riflessione, la mia, partita da un tristissimo fatto di cronaca nera che ha permesso di versare fiumi di inchiostro ed ha fatto parlare giornalisti ed opinionisti per ore ed ore, ogni mattina, pomeriggio o sera. Ricorderete tutti il caso della sedicenne ritrovata morta su di una spiaggia la scorsa estate. Vi riporto qui uno stralcio di quel mio scritto.

“****** aveva 16 anni, piercing, dilatatori ai lobi, tatuaggi, capelli rasati sulle tempie, indossava pantaloni larghi e scarpe da ginnastica. Questo è quanto emerge dalla descrizione che i giornalisti fanno di lei. Ora: il problema è che i “signori” giornalisti nei loro abiti ingessati da TV gossippara delle 15:00 o da dietro le “candide” pagine dei loro quotidiani di informazione non politicizzata, libera da linee editoriali di qualsivoglia natura e orientamento (spero si capisca il mio sarcasmo in questo momento!), puntano il dito sull’immagine di questa ragazzina facendola passare a tutti i costi per una dei tanti adolescenti difficili, sbandati, a rischio. Come se tatuaggi, rasature di capelli e abbigliamento rendano un individuo per forza brutto, cattivo, pericoloso per se stesso e per gli altri.

IO NON CI STO!!!

Ho quasi 39 anni, porto i capelli rasati sulle tempie, ho 9 tatuaggi (e non smetterò di farne per ora… con buona pace di chi non li ama ed anche dei miei genitori che, ormai, hanno imparato ad accettarli ed anche a farseli piacere un pochino), vesto con jeans ed indumenti larghi in prevalenza neri, spesso indosso scarpacce da ginnastica che preferisco a tacchi e zeppe, per anni ho fumato il tabacco rollando le sigarette anche mentre passeggiavo, dico parolacce e parlo spesso in dialetto. Tutto ciò mi rende una cattiva o brutta persona? Molte persone mi han presa per “lesbicona”, “cannata”, “dark”, “strana”, “pazza”… e potrei continuare la lista dei “simpatici” appellativi per ore.

[…]

Tornando alla piccola ******, vorrei si smettesse di dipingerla a tinte fosche per il suo modo di apparire non conformato alle adolescenti “barbiestyle” che tanto siamo abituati a vedere in giro (tutte uguali, omologate, “rassicuranti”) perché, ammettendo che ****** fosse un’adolescente problematica (e non è assolutamente detto che lo fosse!), i problemi andrebbero cercati altrove, nei meandri dei suoi pensieri, sentimenti ed emozioni nei quali, purtroppo, nessuno più potrà entrare.

E se ****** fosse stata un’adolescente “barbiestyle”, credetemi, i giornali l’avrebbero trattata in maniera molto diversa, facendone una martire di questa società corrotta e assassina.”

A questo punto, io vorrei che si riflettesse su quanto i preconcetti condizionino la nostra vita ed anche la nostra scelta tra essere e apparire. Molti, infatti, preferiscono apparire rinunciando ad investire sulla cultura e sull’anima perché, purtroppo, hanno capito che essere non paga. Ed anche chi è preferisce apparire, mettendo a tacere quanto di bello e profondo ha dentro

Siamo arrivati davvero allo sfascio: una persona tatuata, eccentrica e fuori dal coro è pericolosa, mentre una in giacca e cravatta è una brava persona. Ma è davvero così?

Florinda

Florinda

Nata a Bari e cresciuta nell'hinterland, zitella per scelta altrui, da sempre "personaggio" controcorrente, si spende affinché la Cultura diventi di moda più dei tatuaggi (lei ne ha 9... per ora!) e i giovani imparino che essere individualisti (con una puntina di egocentrismo) è decisamente più appagante del farsi inglobare in un unicum omologato fatto di rituali e convenzioni. Se un dio esiste, lei gli ha chiesto in dono un cervello funzionante rinunciando ad un bel décolleté!

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