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Ineducazione e maleducazione 2.0: come sconfiggerle

Ineducazione e maleducazione sono delle anomalie sociali sempre esistite, ma oggi possiamo dire che ne esiste una versione “2.0”, quella in cui ineducazione e maleducazione convivono nella stessa persona.Ineducazione e maleducazione

Ma andiamo per gradi. Quanti di voi sanno che ineducazione e maleducazione non sono la stessa cosa? Facciamo luce sulla questione. Secondo i migliori dizionari italiani, ineducazione significa “mancanza di una sufficiente educazione morale, sociale ed intellettuale” (cito da dizionario Treccani). Dire che qualcuno è ineducato significa, dunque, che l’individuo in questione non ha ricevuto, purtroppo, alcuna educazione e, quindi i suoi comportamenti sono inconsapevolmente contrari alle norme della buona educazione e del vivere civile. È spesso sinonimo di rozzo e/o incolto. La maleducazione, invece, è un comportamento contrario alle norme della buona educazone (sempre citando Treccani). Si suppone, quindi, che una persona maleducata agisca consapevolmente in modo non consono alle norme dell’etichetta e del rispetto verso le convenzioni sociali.

Oggi come oggi ci troviamo difronte ad una realtà in cui la linea di confine tra queste due parole (già abbastanza sottile) è praticamente nullo. Fino a pochi decenni fa la scuola e la famiglia erano, in seno ad una società civile, gli organi preposti a dare ai giovani sia la cultura per nutrire il loro intelletto e la loro sfera morale, sia le buone maniere e le regole del buon vivere. Oggi, purtroppo, questo non avviene più.

La scuola è stata depauperata del suo ruolo educativo. Programmi sempre più miseri lasciano i giovani in uno stato di ignoranza abissale: ragazzi diplomati che ancora non sanno scrivere correttamente “ce n’è” preferendo, nel dubbio, abbondare o deficere con gli apostrofi; che ancora commettono errori nell’utilizzo dei tempi verbali nei periodi ipotetici; che dicono “che ne dici te?” invece di “che ne dici tu?”… e potrei continuare la lunga lista degli strafalcioni prendendo spunto dal mio bestiario personale, frutto di una vita passata ad inorridire al cospetto di siffatto analfabetismo. La colpa, fino a qualche tempo fa, poteva essere riversata completamente sull’incapacità e sull’impreparazione di alcuni docenti: si sa che, da sempre, un titolo non è garanzia di reali capacità. Ma oggi la responsabilità va loro imputata soltanto in parte. Avete provato a sfogliare un sussidiario ultimamente? E un libro di grammatica di scuola media? E, ancora, un libro di letteratura di scuola superiore? Sono miseri, dispersivi, frammentari, lacunosi e i docenti, per quanto bravi e preparati (molti lo sono!), non possono far miracoli. Ma questa è un’altra storia e ne parleremo meglio in un altro pezzo.

La scuola, infatti, era innanzitutto il luogo in cui i giovani imparavano a comportarsi bene, a dare del Lei ai professori e agli adulti in genere, ad alzarsi per accoglierli in classe, a chiedere la parola per alzata di mano, a star seduti composti, a prestare attenzione a ciò che veniva loro detto; imparavano anche a fare piccoli mestieri (mia nonna e mia madre ricordano quando le femminucce facevano l’ora di “Economia domestica” in cui imparavano a ricamare, rammendare, addirittura cucinare).

E poi c’era la famiglia. Era lì che i giovani ricevevano gli altri insegnamenti fondamentali: a non alzare la voce, a incassare in silenzio una “strigliata”, a prendere anche uno schiaffo senza reagire, a masticare e deglutire senza far rumore, a tenere le posate in modo corretto (non come zappe e vanghe), a non mettere i gomiti sul tavolo, a non mettere i piedi sul divano, a non toccare gli oggetti in casa altrui, a chiedere “per favore” e “a ringrazare”, ad accontentarsi di ciò che si può avere (se e quando si può avere) e così via.

Oggi invece la famiglia non fa niente di tutto questo. I genitori di oggi sono troppo concentrati a lavorare per guadagnare e comprare ai loro figli non solo l’indispensabile, ma il superfluo. In questo modo perdono di vista il loro ruolo fondamentale: quello di restare al fianco dei propri figli e di insegnare loro le norme fondamentali dell’educazione. (Ma questo argomento merita un approfondimento che faremo in futuro… promesso)

Torniamo dunque al tema “ineducazione e maleducazione”.

Alla luce di quanto sopra, possiamo sicuramente affermare che, se in passato ineducazione e maleducazione erano due fenomeni simili, ma distinguibili, oggi non è più così: ineducazione e maleducazione convivono nelle stesse persone che, da una parte, non ricevono istruzione e, dall’altra, non ricevono i giusti insegnamenti del vivere civile.

Ma cosa possiamo fare noi per impedire che ineducazione e maleducazione diventino endemiche come il colera in Africa?

Per prima cosa, bisognerebbe riqualificare la scuola, restituirle il suo ruolo di luogo deputato alla diffusione del Sapere, della Cultura e, soprattutto, del vivere civile, ridarle armi affilate (parlo di libri di testo che abbiano dei contenuti strutturati, organizzati, arricchiti) e restituire ai docenti il piacere di essere divulgatori della Conoscenza.

E poi, il lavoro più grosso dovrebbe essere fatto dalle famiglie, dai genitori che dovrebbero tornare ad essere più genitori e meno amici, più genitori e meno Bancomat.

Ma ineducazione e maleducazione non affliggono solamente i più giovani: colpiscono anche una buona parte della popolazione adulta. Purtroppo, però, poco si può fare per i malati ormai cronici. Forse qualcosa si può fare, e dico forse, per ridurre il fenomeno dell’ineducazione, ma davvero poco o niente si può contro la maleducazione adulta. E lo dico a malincuore.

Florinda

Florinda

Nata a Bari e cresciuta nell'hinterland, zitella per scelta altrui, da sempre "personaggio" controcorrente, si spende affinché la Cultura diventi di moda più dei tatuaggi (lei ne ha 9... per ora!) e i giovani imparino che essere individualisti (con una puntina di egocentrismo) è decisamente più appagante del farsi inglobare in un unicum omologato fatto di rituali e convenzioni. Se un dio esiste, lei gli ha chiesto in dono un cervello funzionante rinunciando ad un bel décolleté!

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