È di ieri l’ennesimo caso di femminicidio. Lei si chiamava Sara ed è stata vittima del suo fidanzato (del quale ometterò volutamente il nome perché un essere immondo, capace di rubare la vita altrui, non merita alcuna considerazione, bensì merita di cadere nell’oblio). Ha sicuramente avuto paura Sara, mentre lui la uccideva cospargendola di un liquido infiammabile e bruciandola sul ciglio di una strada già nota alla cronaca nera: la Magliana, a Roma.
Ed avranno avuto paura quelle persone che sono passate da lì mentre si consumava il delitto. Paura di denunciare, paura di restare coinvolte, paura di essere vittime casuali della follia e della cattiveria umana. E forse per questo, hanno preferito fare come le tre scimmiette: fingere di non aver visto né sentito Sara che implorava disperatamente aiuto per strada, poco prima di esser bruciata viva da chi aveva giurato più volte di amarla; e nemmeno hanno chiesto l’intervento alle autorità anche con una semplice telefonata al 112 o al 113.
Non voglio qualunquisticamente puntare il dito su queste persone la cui vita, comunque, è stata stravolta. Voglio solamente fare una riflessione sulla paura… e sul perché siamo tutti indistintamente sempre meno coraggiosi.
Viviamo nella società della violenza, della sopraffazione del più debole, in cui tutti sono potenzialmente pericolosi. Ci si guarda gli uni con gli altri in modo sospettoso, si vive stando sul “chi va là”, si dorme con un occhio aperto, ci si barrica in casa. È quindi facile capire come e perché i testimoni del delitto di Sara abbiano tirato dritto per la loro strada piuttosto che fermarsi a prestare soccorso alla poverina. Troppe volte, infatti, le cronache ci hanno riportato di decessi di “eroi per caso”, di persone intervenute in aiuto di un debole, di un indifeso.
E perché non fare una telefonata a Polizia o Carabinieri? Per lo stesso motivo: la paura. Purtroppo, non è più possibile telefonare ai servizi 112 e 113 e rilasciare denunce anonime. Questo significa che, fare quella telefonata, automaticamente implica il coinvolgimento del “testimone per caso”. E potrebbe significare grossi guai (non certo legali) per la persona che ha fatto valere il prorpio senso civico. Perché la vendetta esiste, non dimentichiamolo. E chi cerca vendetta, solitamente la trova. E, ancora, chi decide di vendicarsi, di solito, non è nel giusto. Quindi siamo di nuovo al punto di partenza: la paura che imbavaglia, acceca e assorda.
Oggi mi son chiesta cosa avrei fatto io se fossi stata su quella strada, l’altra notte, mentre Sara veniva uccisa. Non riesco a immaginare come avrei agito, sul serio. A parole siamo tutti buoni, bravi, altruisti e coraggiosi, ma “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”! Voi cosa avreste fatto? Sinceramente.
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