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Si stava meglio quando si stava peggio! (Una riflessione dopo gli “anta”)

È da un po’ che mi frulla in testa un motto che mia nonna ripeteva sempre: “Si stava meglio quando si stava peggio!”

Tutto è iniziato qualche  giorno fa, mentre concedevo al mio cervello una breve pausa deliziandomi con uno sport per me estremo: lo zapping! Mi sono imbattuta nella pubblicità di una nota marca di assorbenti per signora. La testimonial annunciava tronfia la svolte epocale nel mondo dell’assorbenza: l’uso del cotone negli assorbenti. Ma vi rendete conto?! Vogliono far passare per innovazione una cosa vecchia e stravecchia?! Le donne più giovani non lo ricorderanno di sicuro, ma fino ad una trentina di anni fa, gli assorbenti erano tutti in cotone (lo so per certo perché io c’ero, li usavo già). Poi sono arrivati gli assorbenti ultrasottili, quelli in bustina, le ali antimacchia, il TNT (tessuto non tessuto… praticamente plastica), il gel antiodore e chi più ne ha, più ne metta!

Dunque, miei cari Lettori, è da quando ho sentito questa pubblicità che sto riflettendo sull’adagio “si stava meglio quando si stava peggio”.

Wilma FlintstonePensateci: abbiamo il teflon per cucinare senza che i cibi si incollino al tegame? Orroreeeeeee… Dobbiamo comprare le padelle in pietra come quelle di Wilma Flintstone perché le padelle antiaderenti che abbiamo usato fino ad oggi sono nocive per la nostra salute. Abbiamo lo zucchero raffinato e le farine bianche? Sacrilegiooooo… Dobbiamo tornare ad usare lo zucchero grezzo e le farine integrali se vogliamo evitare malattie come il diabete e l’obesità. Mangiamo la carne più volte a settimana ed è sbagliato perché troppa carne fa aumentare il rischio dei tumori (ma l’argomento “carne”merita una trattazione a sé). Questi sono solamente alcuni degli infiniti esempi che ci fanno vedere quanto “si stava meglio quando si stava peggio”.

Mi risuona in testa con la voce dolce di mia nonna e la vedo, lei, con lo sguardo nostalgico di un tempo andato. E rivedo me, bambina prima e adolescente poi , a non capire fino in fondo cosa volesse dire con quel proverbio. Adesso, invece, la capisco e condivido ogni parola.  Insomma: finché siamo giovani, non riusciamo a capire i nostri “vecchi”. Soltanto quando anche noi iniziamo ad avere i capelli bianchi e le rughe apriamo gli occhi, guardiamo indietro e diciamo “si stava meglio quando si stava peggio”.

Il telefono pubblico multimoneta Rotor, disegnato da Rodolfo Bonetto, Roma 1987 (Archivio Storico TIM)

E lo diciamo pensando a quando, per giocare, ci bastavano un pallone, una corda, dei soldatini di piombo, delle macchinine, delle bambole. Che belle erano le ginocchia sbucciate e le guance rosse, le merende fatte con le mani zozze, le lettere nella cassetta della posta,… E lo ricordate lo squillo del telefono?  Alzavamo la cornetta senza sapere chi ci fosse dall’altra parte del telefono: puntualmente beccavamo la zia che ci chiedeva diecimila cose, mentre noi volevamo tornare a guardare il nostro telefilm preferito.

E mi soffermo a questo. Non voglio entrare nel merito di un mondo ipertecnologico e megainquinato, con le colture idroponiche invece dei campi arati. Non voglio pensare che, se gli scienziati non troveranno una soluzione, tra 12 anni non si potrà più porre rimedio ai danni del surriscaldamento del pianeta. Cioè, dovremmo pensarci tutti, ma voglio lasciare ad ognuno di Voi la libertà di pensarci come e quando meglio volete.

Io volevo solamente dire che finalmente ho capito! Mia nonna aveva ragione! Davvero “si stava meglio quando si stava peggio”!

 

Florinda

Florinda

Nata a Bari e cresciuta nell'hinterland, zitella per scelta altrui, da sempre "personaggio" controcorrente, si spende affinché la Cultura diventi di moda più dei tatuaggi (lei ne ha 9... per ora!) e i giovani imparino che essere individualisti (con una puntina di egocentrismo) è decisamente più appagante del farsi inglobare in un unicum omologato fatto di rituali e convenzioni. Se un dio esiste, lei gli ha chiesto in dono un cervello funzionante rinunciando ad un bel décolleté!

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