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E al Festival Francesco Gabbani “gabba” gli Italiani… Alé!

La Sessantasettesima Edizione del Festival di Sanremo viene vinta, a sorpresa di molti, da Francesco Gabbani con la sua “Occidentali’s karma”. Scoppiano le polemiche che di karmico e di zen non hanno niente, ma che sono grasso che cola per molti giornalisti, “tuttologi del web” e leoni da tastiera.

Lo ammetto: io non sapevo chi fosse Francesco Gabbani fino a martedì sera. L’ho ascoltato, quindi, senza avere opinioni o preconcetti su di lui. E devo dire che è stato un bene.

Se avessi saputo prima di chi si trattasse, avrei avuto delle aspettative, un po’ come su altri partecipanti al Festival, da Ron alla Mannoia, dalla Turci a Masini. E devo dire che alcuni di loro mi hanno un po’ (troppo) delusa.

gabbani2_2078707Iniziamo dalla seconda classificata: la Mannoia. Canzone sanremese al 100%. Nazional-popolare e dal contenuto retorico, trito e ritrito (benché messo magistralmente in forma di poesia). Lei che negli ultimi anni aveva contaminato il suo stile dandogli una nuova verve… almeno due passi indietro nella sua evoluzione artistica! E poi: lei non è tra gli autori. Mi aspettavo ci mettesse del suo visto che la sua partecipazione era mirata alla vittoria (non fingiamoci ingenui!).

La Turci è tornata a Sanremo con una canzone un tantino rockettara nell’arrangiamento che faceva a cazzotti con la delicatezza del messaggio. Ron era al di sotto dei suoi standard. Zarrillo si è ripetuto… e son trent’anni che lo fa! Masini ha cercato ancora una volta di riemergere usando il salvagente sanremese, ma la ciambella che gli han lanciato non mi pare che galleggi tanto bene. Al Bano è ormai al tramonto. (Passatemi la battuta: Alba? No, tramonto! Confido che la capiate!) Ha voluto portare una romanza che manco Claudio Villa avrebbe presentato se fosse stato vivo nel 2017! La Comello (che poi: chi è per stare tra i big?) si è fatta scrivere la canzone dal proprietario del ristorante cinese sotto casa sua, a meno che non abbia contraffatto un originale “made in China”. Moro dovrebbe capire che come autore può anche lavorare, ma come cantante…

IMG_20170213_054032E non commento gli altri due esclusi. Anzi… sì! D’Alessio ha presentato un testo molto commovente. L’ho solamente letto ed è oggettivamente toccante. Tuttavia mi sono rifiutata di ascoltarlo perché a me il neomelodico proprio non piace! Mi fa ricordare i miei lamenti quando ho mal di pancia! Ed ora ‘sto neomelodoco (che di nuovo non ha più nulla!) inizia a non piacere nemmeno a chi ha votato a Sanremo. E non parlo solo della giuria di esperti (pari al 30% delle espressioni di voto). E la Ferreri è l’altra che proprio non riesco ad ascoltare. La donna-adenoidi! Quando canta ha quella voce così nasal-gutturale che, a confronto, la voce di Anastasia (Anasteiscia… per capirci!) è una voce bianca!

Tutti gli altri: solo comparse e Amici di Maria. Troppe facce ignote tra i big, molte destinate a tornare presto nell’anonimato e ad entrar nell’albo delle meteore sanremesi. Tutte presenze per far numero. E tutte con prodottini confezionati ad hoc per la kermesse, in modo da poter lanciare subito dopo il loro dischi. Lanciarli sul mercato o dal balcone?

E poi arriva lui: Francesco Gabbani. Un incrocio tra Marco Columbro e Adriano Celentano (per cui ha scritto un brano inserito nell’ultimo album). Vincitore lo scorso anno tra i giovani (anche se, superati i trent’anni poi non sei più tanto giovane), arriva sul palco come una ventata di novità in un panorama musicale un pochino polveroso e con un maglioncino arancione davvero carino.

IMG_20170213_033216E qui giù le prime polemiche: abbigliamento non consono al palco dell’Ariston. Di Masini in maniche di camicia e gilet però non l’hanno detto! E di Clementino in jeans e cappello a preservativo? Solo per citare giusto un paio di outfit fuori luogo di quest’anno. Ma ce lo siamo dimenticato Rino Gaetano? E Lucio Dalla? E Zucchero? Nessuno di loro ha indossato lo smoking (almeno non seriamente!). Ma il maglioncino di Francesco Gabbani… Scandalooooo! Orroreeeeeeee! Fosse stato un golfino firmato Missoni nessuno avrebbe fiatato!

Gabbani inizia a cantare. La sua canzone è un crescendo ritmico che sfocia in un ritornello dalla melodia orecchiabile e ballabile. Il pubblico in sala tiene il ritmo e si muove sulle sedie. Sembra gradire. Ma i soliti leoni da tastiera si precipitano a scrivere che il brano è una canzonetta non adatta al Festival di Sanremo. Hanno detto la stessa cosa quando sul palco saliva una certa Alexia con le sue canzoni molto funkettone?

Per molti “melodia” fa rima con litania e malinconia. Parecchi, compresi gli addetti ai lavori, hanno affermato che “Occidentali’s karma” non doveva proprio stare a Sanremo. Troppo lontana dai “canoni” della musica italiana. Ma quali canoni? Quelli della Cinquetti sedicenne o della Zanicchi zingara? Oppure, facendo un ulteriore salto indietro nel tempo, quelli cari a Nilla Pizzi e ad Achille Togliani (entrambi al Primo Festival di Sanremo)? Mi domando: se il Festival fosse esistito all’epoca di Giuseppe Verdi, oggi avremmo ancora i canoni musicali delle sue opere sul palco di Sanremo?

GabbaniE… “apriti cielo!” quando compare una scimmia sul palco che si muove all’unisono con il balletto del cantante. Non è ammissibile una pantomima del genere al Festival! Ah, no? E chi lo dice a Daniele Silvestri che con “Salirò” portò sul palco dell’Ariston un ballerino vestito da coatto anni ’70? [tale Fabio Ferri, barese. n.d.a.]

Queste le critiche più immediate affiorate sui social e non solo (visto che i social ormai sono il riflesso della nostra vita reale. O, per alcuni, la vita sui social è quella reale!)

Poi sono arrivate le critiche al brano in sé e qui c’è davvero da divertirsi!

Quasi nessuno lo ha capito e questo mi rammarica. Ma forse c’era da aspettarselo dalla nostra generazione e lo dice proprio Gabbani in questa canzone! Che meraviglioso paradosso!

In tantissimi hanno detto, anche in ambienti considerati colti, che si tratta di una canzonetta senza senso. E ammesso che lo sia (e non lo è affatto), quale sarebbe il problema? In fondo sono quarant’anni che apprezziamo le canzoni di Battiato senza capire cosa vogliano dire. Io, per esempio, proprio non riesco a capire cosa ci fanno “i bonzi alla corte dell’imperatore della dinastia dei Ming”… uacciuvuarivuà!

Proviamo  insieme a capirci qualcosa della canzone vincitrice del Festival?

Altro non è che un “j’accuse” alla nostra società fatta di troppa apparenza e poca sostanza. Una società in cui “l’intelligenza è démodé”: guardandoci attorno, come dargli torto? Un mondo, quello occidentale, superficiale, fatto solamente di idee preconfezionate che si trovano in rete e a cui in troppi abboccano facilmente. Un mondo modaiolo che si accosta alle filosofie orientali senza rispetto. Troppe persone fanno yoga senza sapere cosa c’è dietro gli esercizi di meditazione, i mantra e il Saluto al Sole. Un po’ come quando si mangia il sushi con le bacchette, quando si mette il ketchup sulla tempura, quando si pasteggia con la Peroni mentre si mangia un Ramen bollente.

Vi state domandando in tutto ciò che c’entra quel “la scimmia nuda balla”? Vi assicuro che c’entra e pure tanto!

ob_a2744a_morris-300x245“La scimmia nuda” è un libro conosciutissimo dello zoologo di fama mondiale Desmond Morris. Lui, nel suo saggio del 1967, analizza l’uomo come una delle tante specie di scimmie del pianeta (in fondo questo siamo) e le uniche a non avere la pelliccia (quindi nude). Il suo studio, rigoroso e ironico allo stesso tempo, si conclude con un’amara morale: siamo scimmie e come tali ci comportiamo, anche se abbiamo conquistato la parola e la tecnologia. E, aggiungo io, forse proprio un eccesso di tecnologia ci seppellirà prima del tempo!

Non vi sembra un testo geniele? Dice tutto questo, ma in apparenza non dice niente. Ed è anche terribilmente comico, a mio avviso, con una punta di sarcasmo. Provate a pensare a quante scimmie nude canteranno, balleranno e scimmiotteranno (è il caso di dirlo!) questa canzone ignorando che stanno cantando e ballando nient’altro che la presa in giro al loro stile di vita. Francesco Gabbani ha trovato il modo di “gabbare” gli Italiani. Chapeau!

Fatta luce sul messaggio serio, colto e criptico della canzone, sapete cosa vi dico?

Namasté, gente, namasté! E alé!

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Florinda

Florinda

Nata a Bari e cresciuta nell'hinterland, zitella per scelta altrui, da sempre "personaggio" controcorrente, si spende affinché la Cultura diventi di moda più dei tatuaggi (lei ne ha 9... per ora!) e i giovani imparino che essere individualisti (con una puntina di egocentrismo) è decisamente più appagante del farsi inglobare in un unicum omologato fatto di rituali e convenzioni. Se un dio esiste, lei gli ha chiesto in dono un cervello funzionante rinunciando ad un bel décolleté!

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