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Green Pass sì…Green Pass no… Green Pass boh! La famo finita?!

Cari Lettori, torno a Voi dopo parecchio tempo per riflettere insieme sulla questione del Green Pass.
Non starò qui a sciorinare dati scientifici o informazioni precise (per queste ultime fate riferimento ad altre fonti. Io ho dato un’occhiata qui). Voglio soltanto mettere a fuoco la faccenda che ci sta dividendo e facendo litigare: il Green Pass non sarà solamente un ricatto per costringerci a vaccinarci tutti? E se, invece, fosse una manovra necessaria a salvarci il cu… le terga? Cerchiamo di capirci qualcosa.
 
Ci tengo a partire da un presupposto: sono fermamente convinta che si debba maturare l’idea di vaccinarsi in maniera autonoma, secondo coscienza. Ma come? Basandosi su cosa?
Possiamo e dobbiamo credere ciecamente a ciò che ci dicono gli organi di informazione e comunicazione canonici (TV, giornali, radio,…)? Oppure dobbiamo credere alla controinformazione, a quelli che denunciano un complotto, una dittatura, un piano di distruzione mondiale ordito da quelle poche famiglie che governano il pianeta? Dobbiamo prendere per oro colato ciò che dice il virologo Pinco? Oppure ha ragione il nanotecnologo Pallo? Ma chi sono Pinco e Pallo? Quale credibilità hanno in seno alla comunità scientifica? Quali titoli vantano? Ma i titoli che vantano li hanno davvero conseguiti? Ma questa notizia è vera o sa di “bufala“?
 
E ancora, la querelle sulla incostituzionalità dei DPCM che, di fatto, limiterebbero la circolazione sul territorio. Vai a spiegare a quelli che non hanno mai letto la Costituzione ma non si sono persi una puntata di Pomeriggio 5 che non si configura nessun profilo di incostituzionalità nei DPCM! E persino la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 37/2021, lo afferma. Per ultima, la questione sulla “quasi obbligatorietà” del vaccino e della cosiddetta “dittatura del vaccino” che annienterebbe l’autodeterminazione. E che fine ha fatto il principio in base al quale la libertà di uno finisce dove inizia quella dell’altro? Vale solamente se la signora del piano di sopra butta le briciole sul tuo balcone o se occupano il tuo posto in garage? E cosa mi dici di quello in virtù del quale l’interesse pubblico è prioritario rispetto a quello del singolo?
 
Migliaia di domande a cui, spesso, non sappiamo rispondere o non vogliamo!!!. E se appare normale il non saper rispondere visto che non siamo tutti virologi, genetisti, medici, costituzionalisti,… non mi pare altrettanto normale raccontarsela a modo proprio o, andar dietro non meglio identificati soggetti detentori del Verbo.
E allora come fare per venire a capo di questa pandemia? Come fare per capire se ci si debba vaccinare? Perché ci si dovrebbe vaccinare? Per quale motivo ci “impongano” il Green Pass? E come si sconfigge la paura?
Sapete: credo di essere nata fortunata. Mi hanno insegnato ad osservare il mondo che mi circonda, a farmi domande, a non fermarmi mai alle prime risposte, a cercare LE verità, ad essere critica, ad assumermi le mie responsabilità. E l’ho fatto anche adesso, a proposito del vaccino e del Green Pass.
 
Volete sapere come mi sono regolata io nelle mie decisioni? Mi sono guardata intorno. Ho spento la TV, ho smesso di leggere le notizie ed ho ascoltato i comuni mortali come me, la gente vera.
Certo, posso dire di esser stata “privilegiata”: in famiglia ho ben due persone che lavorano nel 118 (fratello e cognata). Loro sono stati i miei occhi e le mie orecchie sul campo, mentre io ero al sicuro a casa. Ho letto la paura e la stanchezza sui loro visi, attraverso lo schermo di un computer, attraverso una videochiamata su WhatsApp. Ma ho anche visto la loro dignità e forza nel non mollare un attimo, nel non lasciarsi andare allo sconforto, alla stanchezza, allo stress. E non dev’essere stato facile andare a lavorare tutti i giorni pensando “Oggi potrebbe toccare a me”. Loro sono solamente due dei tanti, di tutti quelli che ogni giorno sono stati a stretto contatto col CoViD.
 
Tramite i loro racconti ho potuto capire quanto fosse drammatica la situazione del comparto Sanità lo scorso inverno. Mi hanno raccontato delle chiamate senza tregua, dei turni di lavoro doppi e tripli pur di coprire i colleghi malati, delle nottate in bianco, delle file di ambulanze in attesa di sanificazione,…
E poi, i racconti di ciò che vedevano negli ospedali del barese: reparti di Pronto Soccorso affollati, reparti CoViD al tracollo, mancanza di letti, barelle tutte occupate (comprese quelle trattenute al 118), uomini e donne, anziani e giovani soli nella loro sofferenza e nella loro paura. E tanto altro ancora. Tutte storie, queste, che credo accomunino tutta Italia, da nord a sud isole comprese.
 
E poi ho sentito il racconto dell’angoscia dei tanti che hanno lottato e ce l’hanno fatta: dalla vicina di casa, tornata dopo un paio di mesi con un buco nella gola e invecchiata di dieci anni, all’amica poco più che trentenne che in ospedale c’è stata quattro mesi tra ossigeno e trasfusioni di plasma mentre a casa lasciava marito e figli. Ma anche il dolore dei parenti di chi non ce l’ha fatta. E ancora, l’ansia di chi, costretto ad andare a lavorare, temeva di portare a casa il CoViD e di infettare la mamma anziana e malata.
Ho ascoltato tutti. Ho registrato ogni loro parola. Pian piano mi sono resa conto che il dramma, quello vero, non era nei numeri, nella conta dei morti effettivi “per” CoViD e non “col” CoViD; non era nemmeno nei tassi percentuali che giornalmente venivano dichiarati dagli organi di Stato. Il dramma era più concreto e tangibile. Si poteva non credere ai politici così come si poteva mettere in dubbio la teoria scientifica di questo o quel medico, ma non si poteva negare la realtà del territorio, a volte urlata con rabbia, altre volte sussurrata dietro una mascherina o ancora annegata dietro le lacrime. O chiusa in una bara!!!

NON SI POTEVA E NON SI PUÒ!

Molte persone che mi stanno leggendo, probabilmente, mi staranno dando dell’incoerente. Non nego che, all’inizio e per molto tempo, sono stata scettica rispetto a quanto ci veniva detto e, ancora oggi, sostengo che la situazione sia stata gestita molto male, tuttavia, non posso negare l’esistenza del problema. Non posso negare che si debbano mantenere le distanze o indossare la mascherina. E nemmeno posso affermare che il vaccino non sia realmente efficace perché non lo so. Non lo sanno quelli che lo hanno messo a punto; perché dovrei saperlo io?
D’altra parte, però, voglio rischiare un terzo inverno di lockdown? Voglio rischiare di veicolare ancora il bastardo? Io no!
Voglio tornare al più presto alla vita di prima.
E se per farlo ci vogliono vaccino e Green Pass, allora ok… Vaccino sia! E per me è stato!
Sì, ho deciso di fare il vaccino ed ora attendo il mio Green Pass.
Ho sconfitto la paura degli effetti collaterali a breve termine e nemmeno mi pongo il problema di quali potrebbero essere gli effetti a medio-lungo termine. Sono incosciente? Non credo! Anzi, per una come me che soffre di tanatofobia (paura della morte), non è stato facile prendere la decisione. Tuttavia, ho pensato agli altri prima che a me stessa. Ho voluto fare il mio dovere di cittadina e di essere umano. E se anche un domani questo vaccino dovesse provocarmi seri problemi, saprò di aver fatto qualcosa che andava fatto, foss’anche la cavia di una sperimentazione.
 E non mi sento una pecora se ho fatto il vaccino né tantomeno sento limitata la mia libertà decisionale o personale.
 
Cosa ne penso del Green Pass? Che sia giusto introdurlo nell’interesse della società. Se per non rischiare nuovamente il dramma dello scorso inverno è necessario, va bene. Trovo corretto che chi si sia sottoposto al vaccino (con i rischi annessi) debba godere del privilegio di poter stare tra gli altri senza mascherina e, al contempo, senza la paura di intercettare qualcuno non vaccinato, positivo asintomatico con un’alta carica virale e rischiare di positivizzarsi.
Alla fine, quindi, mi pare chiaro che tutta la diatriba giri attorno alla paura, tra chi ha paura del CoViD e chi ha paura del vaccino (ma si nasconde dietro assurdi complottismi e cecità intellettuale).
Meditate, gente. Meditate.
Florinda

Florinda

Nata a Bari e cresciuta nell'hinterland, zitella per scelta altrui, da sempre "personaggio" controcorrente, si spende affinché la Cultura diventi di moda più dei tatuaggi (lei ne ha 9... per ora!) e i giovani imparino che essere individualisti (con una puntina di egocentrismo) è decisamente più appagante del farsi inglobare in un unicum omologato fatto di rituali e convenzioni. Se un dio esiste, lei gli ha chiesto in dono un cervello funzionante rinunciando ad un bel décolleté!

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