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Dimmi con che generazione vai e ti dirò chi sei. A spasso nella sociologia.

Di che generazione sei? Lo sai? La domanda sembra banale ma, in realtà, non lo è affatto.
Oggi ho deciso di fare un tuffo nella sociologia, per poi andare a nuotare tra storia e nostalgia. Vi invito a tuffarVi con me, miei cari amici Lettori.

Iniziamo dal momento “Quark”. Attualmente sul pianeta convivono cinque generazioni:
• i Silent, nati tra il 1928 e il1945;
• i Boomer, nati fra il 1946 e il 1964;
• la Generazione X, (detta anche “Generazione invisibile”) nata tra il 1965 e il 1980;
• la Generazione Y (i veri Millennials), nata tra il 1981 e il 1996;
• la Generazione  Z dei nati tra il 1997 e il 2012 (i nativi digitali).

Stando agli studi di molti sociologi, le generazioni si identificano in base alle esperienze adolescenziali vissute che rappresentano i primi concreti approcci con la società, quei momenti in cui ognuno prende le misure di se stesso e inizia a capire chi voglia davvero diventare da grande.
Ora, amici Lettori, Vi offro di seguirmi nel mio viaggio tra le generazioni senza pretese nozionistiche, tra il serio e il faceto, strizzando l’occhio alla nostalgia e, magari, invidiando sanamente chi viene dopo di noi… sempre che ci sia qualcosa da invidiare!

silentPartiamo dalla prima di queste generazioni, quella dei Silent, cioè gli “ultimi grandi vecchi” che io chiamo così con infinito rispetto e gratitudine. Loro sono i portatori dei ricordi di una società che fu. Da adolescenti hanno vissuto il tempo in cui con una lira compravi un gelato e mille lire al mese erano uno stipendio più che dignitoso. Vivevano con poco perché il benessere non era cosa per tutti eppure sapevano ugualmente sorridere ed essere felici. Poi, all’improvviso, hanno visto il mondo impazzire e andare velocemente a putt… a rotoli, hanno sentito fischiare le bombe sulle loro teste per poi sentirle esplodere a poca distanza, ringraziando di essere ancora vivi. Loro non hanno vissuto la minaccia dell’atomica perchè a quei tempi le atomiche sono scoppiate sul serio. E poi, dopo tanto fragore e tante urla di madri inconsolabili, in un silenzio attonito, a testa bassa, sono cresciuti in fretta e si sono ritrovati, ancora giovanissimi, a ricostruire ciò che la follia umana aveva raso al suolo, partendo dalle macerie di quel pianeta impazzito e alla deriva che pochi anni prima li aveva visti alle prese con le loro prime volte, a scuola, al lavoro, in amore. Loro, derubati dell’adolescenza, pian piano, hanno ritrovato la forza di sorridere e il coraggio di amare e vivere. Ci hanno restituito un mondo che, all’inizio, sembrava potesse essere migliore ed hanno provato a trasmetterci le loro esperienze ed i loro valori.

from i-stock photoQuesti sono i giovani che hanno messo al mondo i “(baby) Boomer”, la generazione che ha vissuto in pieno il boom economico post-bellico. I Boomer, quelli della Lambretta rubata al babbo insieme a qualche sigaretta, degli elettrodomestici per tutti, della minigonna di Mary Quant che faceva incazzare i puritani e i bacchettoni. Loro che si chiedevano “meglio i Beatles o i Rolling Stones?”, che si facevano viaggioni psichedelici. Sempre loro che inneggiavano al sesso libero e ricorrevano all’aborto clandestino. Loro: la gente di Woodstock coi suoi “Figli dei fiori”.
Ma i Boomer non sono solo questo! Sono anche quelli della contestazione, gli apripista di lotte per l’uguaglianza, la libertà personale e i diritti civili che, purtroppo, ancora oggi quelli della Generazione X sono costretti a portare avanti con la speranza di vincerle al più presto per non doverle lasciare in eredità alle generazioni successive.

from i-stock photoEd eccomi a parlare della mia generazione, quella contrassegnata dalla X, quella definita “invisibile”. Definizione che proprio non mi va giù!
Noi siamo la generazione nata tra il boom economico e la crisi petrolifera degli Anni ’70, quella cresciuta tra le stragi firmate Brigate Rosse e quelle mafiose di Capaci e Via D’Amelio. Il tutto immerso nel “disteso” clima della Guerra Fredda e nel disgelo sancito dalla caduta del Muro di Berlino e che, comunque, non ha portato mai via la minaccia del conflitto nucleare.
Cresciuti tra bianco e nero, tra tutto e niente, col brivido dell’incertezza, la parola “smarrimento” la conosciamo molto bene. Non siamo invisibili, siamo incerti. E vorrei vedere se non lo fossimo! Occhio: ho detto incerti, non instabili anche se, a pensarci bene,…
Abbiamo cercato la nostra identità tra i “paninari” e i “dark”, tra Madonna e i Cure sparati a tutto volume nei nostri walkman, acclamando le prime boy band, dividendoci tra Spandau Ballet e Duran Duran (per me Spandau tutta la vita!).
Ci credevamo tecnologici perché giocavamo con il Commodore 64 ed avevamo un lettore per CD o laTV nella nostra cameretta. E quanto ci siamo sentiti “fighi” col primo telefono cellulare che aveva le dimensioni di una cabina telefonica?
Noi abbiamo dovuto fare i conti con un rigurgito di perbenismo dei nostri genitori: loro che avevano messo minigonne cortissime ci impedivano di vestirci come volevamo; loro del sesso e delle droghe libere che ci obbligavano ad accendere la nostra prima sigaretta (mica una canna!) di nascosto e ci facevano mille paranoie per i nostri primi amori. E noi a chiederci perché! Perché fossero diventati improvvisamente dei vecchi “matusa”, loro che si vantavano di “aver fatto il ’68”.
Vignetta di NardiI sociologi ci descrivono, ancora, come la generazione senza ottimismo, scettica, sfiduciata verso i valori tradizionali e le istituzioni. Ma davvero?! E come si potrebbe essere ottimisti e fiduciosi? Siamo la generazione di Tangentopoli, quella che, al sospetto della connivenza tra Stato e mafia, ha sostituito la certezza della corruzione dei potenti. Noi siamo quelli dal futuro precario e della pensione mai.
A noi eterni adolescenti che, in fondo, dobbiamo ancora trovare un nostro equilibrio e capire quale sia il nostro posto nel mondo, è stato dato il delicato ed arduo compito di fare da genitori alle generazioni Y e Z.

from i-stock photoLa Generazione Y è quella dei veri “Millennials”, cioè di coloro che hanno raggiunto la maggiore età in un arco temporale molto vicino all’avvento del nuovo millennio. Sono l’anello di congiunzione tra il passato ed il futuro.
Loro sono la generazione di MTV e degli SMS. Sono stati i primi a conoscere Youtube, Facebook, Instagram e Twitter, quelli bravi a gestire il conto online o a pagare col QR code. Tutte conoscenze che, poi, hanno trasmesso alle generazioni dei meno giovani, a volte con buoni risultati, altre volte…
Gli Y vivono perennemente connessi, ma questo non sempre è positivo. Spesso impedisce loro di godere di un bel tramonto, di un sorriso, di tutto ciò che li circonda.
Questa è una generazione veloce, a cui non piace aspettare.
Sono giovani con la vita sempre di corsa, tra studio, sport e vita sociale, alla ricerca spasmodica di un appagamento a botta di master ed esperienze lavorative lontano da casa. Una lontananza, quella, non sempre voluta, ma spesso necessaria per guadagnarsi un posto al sole.
Sono loro l’ultima generazione dell'”usa e getta”, ma sono anche la prima generazione della “fuga di cervelli” o, ancora, la generazione del “mordi e fuggi”. Sono  quelli del “c’è sempre tempo per i sentimenti” e del “non è ancora il momento per crearmi una famiglia” e, nel frattempo, la vita scorre tra un lavoro e l’altro, con tanto stress e senza sforzarsi troppo a ricordare i nomi dei colleghi tanto, se tutto va bene, tra sei mesi cambieranno.
Allo stesso modo, spesso, rifuggono le relazioni stabili perché la parola “stabile” non fa il paio con la frenesia del loro vivere. Impegnarsi è faticoso e comporta sacrifici, come se non bastassero quelli dello studio, della corsa al posto di lavoro “stabile” (non fisso!), dello star dietro ad una società che cambia troppo velocemente, tra un tweet e una foto su Instagram, senza più guardarsi negli occhi. O, più banalmente, non saranno degli immaturi sentimentali? A Voi le Vostre conclusioni. Io un’idea me la son fatta.

from i-stock photoUna cosa è vera: questa generazione e questa società bruciano in fretta le mode, le ideologie, i valori e le persone. Ed è in questo casino che sta crescendo la generazione Z.
Di loro possiamo dire poco. Devono ancora crescere. Di alcune cose, però, sono sicura: ascoltano musica orribile (se musica si può chiamare!), hanno un pessimo abbigliamento per non parlare dei loro tagli di capelli!
Possono solo migliorare. A noi non resta che sperarlo. In fondo, loro sono il nostro futuro.

Florinda

Florinda

Nata a Bari e cresciuta nell'hinterland, zitella per scelta altrui, da sempre "personaggio" controcorrente, si spende affinché la Cultura diventi di moda più dei tatuaggi (lei ne ha 9... per ora!) e i giovani imparino che essere individualisti (con una puntina di egocentrismo) è decisamente più appagante del farsi inglobare in un unicum omologato fatto di rituali e convenzioni. Se un dio esiste, lei gli ha chiesto in dono un cervello funzionante rinunciando ad un bel décolleté!

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